Il nettare degli dei

In questa sezione abbiamo deciso di dedicare uno spazio particolare ad un prodotto vinicolo. Perché? Che c'entra? 

- Luigi Tecce produce artigianalmente un vino di qualità altissima, con accuratezza e sapienza propria sola degli artigiani che del Tempo fanno la loro variabile irrinunciabile;

- Luigi Tecce produce atrraverso uve che valorizzano il nostro patrimonio culturale, così legato ai regionalismi. L'Aglianico è un vitigno affinato attraverso i secoli, le cui testimonianze scritte risalgono agli antichi romani. Groucho Teatro ha la propria sede legale propria nella zona di produzione dell'Aglianico, a Frigento, in provincia di Avellino;

- Luigi Tecce ha fatto una scelta: camminare sulla sua strada, cercando, sperimentando e lottando contro le avversità economiche a cui va incontro un piccolo produttore che vuol fare le cose a modo suo, nel migliore dei modi, lontano dalla logica dell'industria e del mercato;

- Luigi Tecce ha dato il battesimo formale alla nostra associazione, richiedendo e ritirando il numero di codice fiscale nel Gennaio 2006 presso l'Ufficio di Ariano Irpino (noi eravamo fuori sede in Emilia Romagna).

 

ANCHE VINICIO CAPOSSELA APPREZZA LA FINEZZA DI QUESTO VINO: NE DISEGNA IL LOGO E SE NE ISPIRA PER COMPORRE 'VINOCOLO', TRACCIA

PRESENTE NEL SUO ULTIMO ALBUM 'MARINAI, PROFETI E BALENE' :


 

 

Nell'Agosto 2013 Luigi Tecce ha prodotto un vino "NOZZE DI CANA" appositamente per il concerto di Vinicio Capossela e la banda della Posta, al Calitri sponz Festival. Qui il video completo del concerto, girato da Groucho Teatro:

 

 

 

Dopo anni di lavoro e silenziosa diffusione di sapori in via informale, nel 2010 l'Arte di Luigi Tecce ha incontrato un riconoscimento nazionale e internazionale con la vendemmia 2006 imbottigliata col nome di 'Satyricon' con 5200 esemplari, vendendo a Sao Paulo del Brasile, New York, Tokio, Parigi. Ma nulla è cambiato nell'artigianato di Luigi Tecce: le prerogative, le necessità, i metodi di produzione sono rimasti sempre gli stessi.

'Satyricon' 2006 è stato recensito su Gambero Rosso con due bicchieri colorati e finale per i tre bicchieri (Guida 2011), sulla guida dell'Espresso con 18,5/20 (Guida 2011), sulla Slow Wine come Vino Slow (Guida dei vini di Slow Food 2011), e su altre guide importanti.

 

Nato e cresciuto in una famiglia di viticoltori da generazioni, Luigi Tecce sembrava indirizzato a tutt’altro destino. Il 20 Marzo 1997, la morte del padre lo richiama improvvisamente alla terra ed alle sue origini contadine. Siamo sulla destra del fiume Calore, esposizione lato sud, in un ettaro dove dimorano ceppi molto vecchi, si parla del 1930. Seguirà un nuovo impianto nel 1998. Un fazzoletto di vigna in un’area particolarmente vocata per l’aglianico taurasino, tra Paternopoli e Castelfranci, di fronte Montemarano.

 

Luigi Tecce perdonerà la licenza letteraria (grafica, soprattutto), ma caso ha voluto che la sera prima del debutto del suo Taurasi Poliphemo, gli occhi del sottoscritto seguivano su uno schermo le vicende di Alice nel paese delle meraviglie secondo Tim Burton.
Ora, pur non avendo lunghi boccoli biondi che ricadono soavemente sulle spalle, il giorno dopo nel paese delle meraviglie io ci sono stato, guidato dal Cappellaio matto, ops, pardon da Luigi Tecce.
Tra Poliphemo, il vino, il borgo di Rocca San Felice, la mefite, straordinario scenario naturale, una delle porte dell’inferno secondo Virgilio e luogo ove la natura mostra la sua forza con la morte che aleggia, solo il genio del vignaiolo poteva fare da nocchiere.

“Non esistono annate cattive. Esistono solo annate diverse. Devi cercare altro. Ti racconteranno altro.”

Matto?
Non so. È matto secondo voi uno che dedica ad un stallone di nome Varenne, capace nel 2001 di fare il Grande Slam (vincere l’Amérique di Parigi, il Lotteria di Agnano e l' Elitlopp di Svezia) l’annata del proprio vino? Vino mai uscito in commercio?
È uno capace di commuoversi raccontando di Gaetano Bresci, l’anarchico venuto dall’America per uccidere il re Umberto I di Savoia? Gaetano Bresci a cui dedica l’annata 2000 del suo vino. Neanche questo mai uscito in commercio, ovviamente.

Però come dargli torto quando il suo 2005 trova la tavola e si esalta, quando la magrezza dell’annata diviene bevibilità; il tannino leggermente ruvido è ingentilito dai cibi?
Uno di quei vini per cui ti incazzi appena lo assaggi, perché era come te lo ricordavi e non come l’ultima volta che lo avevi assaggiato. Uno di quei vini che modifica il tuo rapporto con il vino da tecnico con il misurino ad uomo che viaggia nel territorio, nel vino e le sue anime, diverse in ogni bottiglia, espressione ciascuna della propria terra e di un uomo e della sua sensibilità.

E il suo 2006, annata neanche questa felice? Mostra grande stoffa, primissima materia prima, maggiore voluttà dell’anno precedente; l’altitudine di Castelfranci sembra averlo preservato, il tannino è dolce e sapido, il sorso di gran freschezza.

E Luigi Tecce? Un timido anarchico, capace di raccontarvi un meraviglioso territorio come quello irpino attraverso un racconto, un formaggio o un grappolo d’uva. Un narratore eccezionale, attraverso la parola e attraverso il vino. Ogni volta che l’ho incontrato con la sua innocente sincerità nel porsi mi ha condotto attraverso il paese delle meraviglie attraverso lui e i suoi vini oversize (in tutti i sensi) che bene lo rappresentano e ne è sempre valsa la pena.
Come ho sempre consigliato, anche in questa occasione, l’unico modo per conoscerlo e capire veramente i suoi vini è andare a trovarlo e godere delle sue vigne e dei suoi esperimenti (Aglianico e bianchi passiti o fortificati tanto dirne alcuni).

E “dedicato a Varenne 2001”? Gran vino, grande emozione. Non vogliamo essere influenzati dalla “meravigliosa” giornata ma al momento dell’assaggio abbiamo pensato che un 2001 così, non lo avevamo mai bevuto.

Secondo Luigi questo 2006 gli fa il verso. Be’ glielo auguro.
5.200 bottiglie prodotte.
Affrettatevi.

“Eh si, sei proprio matto, fuori di testa.
Ma sappi che i pazzi sono i migliori.”
Alice in Wonderland, Tim Burton

> da http://ilviandantebevitore.blogspot.com/2010/03/taurasi-poliphemo-2006-luigi-tecce.html

 

Poliphemo: opulenza grassezza e muscolarità. Satyricon è, invece, il suo volto femmineo. Due versioni per un solo interprete. Solo nel 2003 sono state prodotte entrambe, nel 2004 solo il Satyricon, nel 2005 il solo Poliphemo, il primo che inaugura il nuovo corso con la fascetta della Docg Taurasi. Le prime tre annate (2000/2001/2002) non sono state commercializzate e, pertanto, non etichettate. Sono state da Luigi, semplicemente, identificate ciascuna con una dedica speciale. Queste stesse tre annate non hanno svolto la malolattica mentre la 2004 e la 2003 sì. La 2005 solo parzialmente. Indipendentemente da questo particolare tecnico mi sono presto convinto di una sorta di netta spaccatura tra le prime tre annate degustate e le seconde tre. Stilisticamente, ovviamente. Senza farne mistero ho voluto esplicitare ai presenti la mia istintiva preferenza proprio per le più vecchie. Più di una persona mi ha fatto notare di non essere d’accordo e che piuttosto di parlare di due fasi distinte, in realtà, ogni vino sembra rispecchiare una tappa, un momento diverso, di un’unica continua fase evolutiva che con la 2005 sembra aver trovato una, forse temporanea, quadratura del cerchio.

Aglianico 2000 “dedicato all’anarchico Gaetano Bresci” (100° anniversario dell’uccisione di Re Umberto I ). 18 mesi in barrique usate di 4° e 5° passaggio – 14% gradi alcol.

La delicata trasparenza annuncia una versione elegante e raffinata. Spettro aromatico ampio e complesso. Nobile quadro olfattivo. Il naso si illumina di splendide sensazioni agrumate. Grafite, liquirizia e spezie. Al palato il tannino conserva una certa rugosità. Si fa bere senza sosta. 5 stelle
2001 “dedicato a Varenne” (il trottatore, nel 2001 fece il grande slam dei concorsi ippici). 12 mesi in botte nuova da 500 litri (Gamba) - 15% gradi alcol.

Nota affumicata, delicato ed elegante, tannini raffinati, finale saporito. Colpisce per l’intergrazione delle parti. Dalla gradazione dichiarata ci si aspetterebbe una tangibile ingerenza alcolica che invece è del tutto assente. Prima di aver bevuto il 2000 era questo il millesimo di Luigi tra quelli assaggiati che preferivo. 4 stelle

2002 “dedicato a nonno Luigi” (nell’anniverario della nascita). 12 mesi in botte da 500 litri (2° passaggio) – 13.5% gradi alcol.

Rivela fragili trasparenze. Riflette la pioggia incessante che non ha dato tregua per tutta la stagione. Vinosità non banale ed anima contadina ne risollevano le sorti. Intrigante per le sue note di miele ed orzo. Non mostra alcun segno di cedimento, tiene molto bene nel bichiere sulla distanza, anche se non riesce a esprimersi su un registro di maggiore complessità. Palato pù magro e sottile. 3 stelle

Poliphemo 2003. 100% legno nuovo: 50% barrique /50% botte da 500 litri – 15% gradi alcol.

E’ l’unica annata in cui sono stati prodotte tutte e due le etichette Satyricon e Poliphemo. La prima per entrambi. E’ anche quella che rispecchia meglio il nome del vino e gli intenti del produttore. Colore denso ed impenetrabile. Dolcezza fruttata ed alcol in evidenza. Ricchezza quasi eccessiva e concentrazione estrattiva. Non lo preferisco, per il suo atteggiamento monodimensionale, anche se la materia ed il risultato complessivo non possono lasciar indifferenti. 4 stelle

Satyricon 2004. 100% legno di 2° passaggio: 50% barrique e botte da 500 lt. – 13,5% gradi alcol.

Colore più umano. Dopo le insistenti note di riduzione iniziale recupera al naso un tocco vinoso ed un tratto più rustico. Sfumature erbacee al naso ed una punta d’amaro al palato. Lascia una sensazione di un nonsocchè di incompiuto che non riesco ad afferrare. Limite personale, per questo preferisco evitarne la valtuazione. S.V.

Taurasi Poliphemo 2005. 100% legno: 40% botte da 500 litri nuova, 60% barrique di 2° e 3° passaggio.

Eccoci di fronte a quella che dovrebbe essere la creatura definitiva cercando di torvare il giusto compromesso tra un certo perfezionismo ammantato di modernità, riscontrabile nella 2003, e lo spirito artigianale delle prime annate. L’annata non è stata facile. Luigi è dovuto tornare in vigna ben 6 volte per raccogliere l’uva. Le sensazioni iniziali sono di frutta rossa matura, un frutto integro, bello, dolce e seducente. Lo ritroviamo al palato carnoso e caldo. In questa fase tremendamente giovanile sembra soffire dei limiti di monodimensionalità della 2003 ma mostra già adesso una maggiore dinamicità e sono sicuro che con il tempo riuscirà in una migliore articolazione espressiva. 4 stelle

> da http://www.acquabuona.it/2009/04/laglianico-di-taurasi-secondo-luigi-tecce-10-anni-di-sperimentazione-tra-vigna-e-cantina/